mercoledì 12 gennaio 2011

La verdad nace en la sombra de la mentira - Cap 4

Appena fuori, Marcos si voltò verso Catalina e le disse:
-          Dobbiamo andare in un posto adesso. Dovrai stare assolutamente zitta. Qualunque cosa vedrai, qualunque cosa sentirai, tu non battere ciglia. Fai finta di nulla. Ne parliamo dopo, d’accordo?
-          Dove andiamo?
-          Non posso dirtelo.

Entrarono in macchina. Si accesero entrambi una sigaretta. Marcos guidava tranquillo tra le strade oramai quasi deserte e Catalina era assorta con lo sguardo perso fuori del finestrino. Ad ogni boccata riaffiorava un ricordo del corso che aveva dovuto sostenere  per diventare un’infiltrata. Ricordava benissimo le prime parole che Marcos le aveva detto: “Qui nessuno ti chiede di essere come Rambo. Devi essere astuta, più astuta di loro, e perfida, più perfida di loro. Altrimenti ti fanno fuori”. Da allora lo aveva ascoltato sempre. Non lo aveva mai contestato nemmeno quando le sembravano assurde le cose che lui le chiedeva. E sempre, ciò che Marcos le aveva detto di fare si era rivelata la cosa giusta.

Si fidava di lui ciecamente. Anche stavolta. E lui le aveva promesso che sarebbe stata la sua ultima volta. Una volta in Europa sarebbe stata libera. Voleva andare a Parigi, la Ville Lumière. Passava interi piovosi pomeriggi a guardare Parigi: immagini, video, manifestazioni, concerti... Sapeva a memoria i quadri più belli del Louvre e del Musée d’Orsay che voleva andare a vedere di persona. E poi le case di moda, le mansarde tutte di legno dalle quali si vedeva la Tour Eiffel. Era persino riuscita ad immaginare i profumi delle baguette appena sfornate e delle crêpes con il Grand Marnier. Aveva sognato da bambina di fuggire dalla Colombia e finalmente era arrivato il momento.

Marcos parcheggiò vicino ad una fabbrica che sembrava abbandonata. Dietro una curva videro alcuni camion che erano parcheggiati con il retro verso un portone enorme, aperto per metà, ed alcuni uomini che erano fermi a fumare. Marcos li salutò con la mano da lontano e loro per tutta risposta squadrarono Catalina dalla testa ai piedi, mormorando qualcosa che Catalina non riuscì a cogliere e scambiandosi occhiate furbe e risate lascive. Un po’ di rabbia le montò in testa, ma Marcos le ricordò che non avrebbe dovuto fare nulla per non compromettere la situazione.

Entrarono nella fabbrica e mentre avanzavano nell’enorme capannone Marcos le faceva da cicerone, anticipandole parte della missione.
-          Credo sia la prima volta che porti cocaina, giusto?
-          Sì. Com’è?
-          Duro. Ma non ti preoccupare, fattibile. Basta che non bevi coca.
-          Coca?
-          Sì, la coca-cola scioglie gli involucri... non te lo ricordi più? ... guarda alla tua sinistra: quello è un laboratorio di tutto rispetto. Serve a portare la cocaina allo stato liquido. Quando è liquida viene poi mischiata a sciroppo di fragola – vedi che ci sono svariate casse lì... Qui la imbottigliano, la rimettono nelle casse e via a fregare i cani alle dogane...
-          Ma scusa, una volta che è mischiata come fanno a rivenderla?
-          Tranquilla... hanno dappertutto dei laboratori abbastanza sofisticati da poterla poi derivare e riportare allo stato solido. Poi lì invece, vedi quell’aggeggio? Quello serve per pressare e imbustare la cocaina. E’ lì che stiamo andando. Guarda, da quella macchina stanno uscendo gli ovuli... dovrai buttarne giù un bel po’...
-          Qual è il rischio?
-          Altissimo, se si rompono gli ovuli. Devi stare attenta...
-          Devo proprio farlo? Non c’è altro modo?
-          No. Stavolta no. Te l’avevo detto. Questa è la missione più pericolosa che ti abbiamo mai affidato. Finito questa sei libera.
-          Chi c’è in dogana?
-          Amici...
-          Sì... come quelli dell’altra volta?
-          Ah, lascia perdere. Quelli avevano il cervello marcio...
-          Bene. Quindi?
-          Domani dovrai tornare qui, da sola. Perciò guarda bene le persone con le quali parlo. Passerai un po’ di tempo qui con loro, intanto che butti giù gli ovuli. Non ti fidare di nessuno e non parlare con nessuno, mi raccomando. Poi quando hai finito troverai una macchina a prenderti. Ti porterà in aeroporto. Io ti aspetto lì e ti controllo alla dogana.
-          Devo andare a Buenos Aires...
-          Sì, ma solo una piccola sosta. A Buenos Aires e a Cancun. Lì troverai sempre qualcuno che ti scorterà. Saranno con un cartello “Marriott - Mrs Escobar”, non potrai sbagliarti. Ti faranno riposare, controlleranno che tutto sia okay e ti rimbarcheranno sul volo successivo. La destinazione finale è l’Italia. C’è un gruppo di calabresi che ti aspetta a Milano. Gli lasci la coca e poi te ne vai dove vuoi.
-          E tu?

Marcos si allontanò facendo finta di non sentire la domanda di Catalina. Si diresse verso il gruppetto che aveva indicato precedentemente a Catalina e si fermò a parlare per circa dieci minuti.

Catalina lo guardava da lontano e ogni tanto sbirciava con timore gli ovuli che scendevano dalla macchina che pressava ed incartava la cocaina. A Catalina spiaceva un po’ che quella fosse l’ultima missione. La libertà stava assumendo un sapore amaro di solitudine.

Con Marcos erano amici oramai da molto tempo e Catalina avrebbe voluto che andasse via con lei. Sapeva benissimo però che c’era un motivo per il quale Marcos si ostinava a restare in Colombia: suo figlio di quindici anni era morto per una dose di eroina tagliata male e quella maledetta dose gliela aveva venduta proprio Hernàn de la Roca in persona, molti anni prima, quando non era ancora diventato un boss. Marcos aveva giurato sulla tomba di suo figlio che avrebbe fatto giustizia e stava maturando la sua vendetta attraverso un disegno che lo avrebbe portato nel giro di qualche mese ad avere prove sufficienti a suo carico da spedirlo in galera e non farlo uscire più.

Quando Marcos ebbe finito, si diresse verso Catalina, prese la donna sottobraccio e visibilmente alternato la trascinò fuori. Mentre accompagnava Catalina a casa, Marcos era ancora più silenzioso e Catalina dal canto suo interpretò il silenzio di Marcos come un contrattempo. Non sapeva se chiedergli cosa fosse successo, poi decise di fidarsi e non disse nulla. Lo guardò, gli carezzò il viso e stava per allontanare la mano quando Marcos la bloccò, la tirò a sé, la baciò sulla bocca e poi le disse:

-          Io resterò qui... ancora un po’. Mi raccomando, stai attenta...
-          Addio Marcos!

Non fece in tempo a scendere dall’auto che udì uno sparo.

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