La sala era illuminata da un'unica luce, quella di un lampadario appeso al soffitto al centro della stanza, che emetteva una luce giallognola, facendo sembrare tutto l’appartamento colorato di quella tonalità. Sebbene fuori fosse buio, lì dentro si poteva benissimo vedere ogni angolo della stanza che, a quanto pare, fungeva da piccolo salotto. Un boss dei cartelli di solito non vive in questo stato pensa buttando l’occhio qua e là. Da una porta si poteva intravedere quella che doveva essere la cucina: lo si poteva capire dai cartoni delle pizza ammucchiati sul pavimento.
Di fronte a me, un divano su cui sedeva colui che mi aveva dato il benvenuto insieme a due ragazza formose e s-vestite che, a quanto pare, si aspettavano il mio arrivo dato che non batterono ciglio al mio ingresso.
-Buenos dias! Lei deve essere la señorita Escobàr, dico bene?- l’olezzo dell’alcool mi arrivò in faccia come un pugno, nonostante tra di noi ci fosse una distanza di un paio di metri
-Eva Escobàr. Sì, sono io- risposi ferma. Solo quando un uomo si spostò impercettibilmente vicino al fondo della stanza mi resi conto della presenza di un paio di energumeni in giacca e cravatta, dei veri bodyguard alti quasi due metri che mi continuavano a fissare
-Bien! Allora sei te la ragazza di cui mi hanno parlato, quella a cui affidare le mie consegne- riprese de la Roca
Spostai di nuovo lo sguardo sul suo viso: una cicatrice sul collo, quasi fosse stato sgozzato, lo contraddistingueva, rendendolo facilmente riconoscibile dovunque andasse. Doveva essere proprio per particolari come questo che usava basi quali il vecchio appartamento in cui mi trovavo
-Sì, sono proprio io. Allora, vogliamo accordarci?- chiesi in tono brusco. Mi sentivo a disagio lì.
-Calma, calma, señorita! Che fretta ha?- mi disse con un sorriso molto cordiale e molto poco rassicurante, almeno per il mio punto di vista -Perché non si siede e non parliamo un po’?- disse indicandomi il divano a due posti alla mia destra.
Riluttante, ma costretta, mi sedetti sulla parte più distante dall’uomo che continuava a tenersi ben stretto le sue due giovani donne
-Cosa posso offrirle per festeggiare questo nostro incontro?- mi chiese interessato
-Che cosa ha?- chiesi. In effetti, ero piuttosto assetata, forse per via della tensione che provavo
-Oh, non se deve preoccupare di quello. Lei dica, e lo avrà…-. Pronunciò l’ultima parte della frase con un tono piuttosto languido, che mi lasciò decisamente più agitata di prima
-Allora prenderei un bicchiere di rhum- dissi.
A un cenno del boss, uno delle due guardie andò in cucina e tornò poco dopo, reggendo due bicchieri pieni di liquido ambrato. De la Roca li prese e me ne porse uno sorridendo. Una volta che ebbi in mano il mio drink, lo sollevai per brindare, imitata subito dopo dal colombiano
-Allora, a noi!- disse e buttò giù tutto il contenuto in pochi sorsi. Io, più modestamente, mi fermai a metà bicchiere, onde evitare ripercussioni durante quella fase
-Signori, potete lasciarci soli un attimo?- chiese improvvisamente de la Roca rivolgendosi alle due guardie che prontamente ubbidirono
-Naturalmente concorderà con me, señorita Escobàr, che la fiducia, nel nostro campo è essenziale- disse serio, non più cordiale come lo era prima -E concorderà ancora quando dico che le infiltrazioni da parte della polizia sono il pericolo più grande…- Perfetto pensai mi sono già bruciata l’ingresso…
-Ovviamente questo non è il suo caso- continuò facendo un gesto come per accantonare quel pensiero -Ma vorrei che lei mi dimostrasse il suo proverbiale fiuto- Non ho avuto tempo di leggermi il dossier, ma cosa hanno detto a questo tipo di me? pensai, maledicendo il nostro addetto alla creazione di alias
De la Roca prese da sotto il divano un revolver, aprì il tamburo e, tenendo un dito su uno dei sei proiettili, alzò in aria la pistola, facendo cadere a terra gli altri cinque. Richiuse con un rapido movimento del polso il tamburo e mi lanciò l’arma. Io la presi e, come d’abitudine, cercai subito il numero di serie che, come notai sconsolata, era stato rimosso. Quella pistola era irrintracciabile.
Avevo paura a chiedere per cosa mi sarebbe servita.
-Queste due amabili ragazze mi sono state di grande compagnia negli ultimi tempi- disse abbracciando le due squillo che ora sorridevano decisamente di meno -E, quasi per coincidenza, da allora ho avuto parecchi problemi con la polizia… Un caso?- chiese retorico. Ora avevo intuito cosa avrei dovuto fare con quell’arma. E non mi piaceva affatto.
-Io sono convinto- riprese, senza mai mollare la presa dalle due ragazze -Che una di loro due sia una talpa, un’infiltrata. L’unico problema è che non so quale delle due-. Le due ragazza mi guardarono supplicanti: avevano capito la loro sorte.
-Secondo te quale è quella che mi sta facendo perdere milioni di dollari?- chiese serissimo.
Io mi alzai in piedi, con la pistola in mano, e mi avvicinai al divano. Mi misi di fronte al colombiano prima di parlare -Senti, a me nessuno ha mai detto di dover sporcarmi le mani…-
-Oh, di questo non ti devi preoccupare- mi disse -Come avrai già notato, quella pistola è stata cancellata da ogni lista possibile, non ha numero di serie e la sua canna è stata levigata, perciò sarà impossibile risalire q auell’arma-. Questo discorso di invisibilità di un killer mi fece rimanere metaforicamente a bocca aperta non tanto per il contenuto, ma per il tono: rilassato, come se stesse parlando del tempo
-Senti, io…- provai a uscire da quell’intoppo
-Vuoi questo lavoro sì o no?- sbottò improvvisamente
Non sapevo che fare. Non avevo voglia di sparare a una persona a sangue freddo, ma non potevo rinunciare a quell’occasione di entrare nel giro di de la Roca.
Guardai prima una, poi l’altra ragazza. Dagli sguardi che avevano, capii che entrambe erano delle infiltrate che cercavano di salvarsi: se fossero state innocenti nei loro occhi ci sarebbe stata paura allo stato puro, lì c’era solo rassegnazione.
Mi avvicinai alla ragazza alla mia sinistra e le puntai la pistola contro il viso. Tirai indietro il cane mentre lei sospirò, quasi a rassegnarsi. Assunsi un espressione falsamente dispiaciuta, per non far insospettire il boss e le dissi -Scusami, tesoro…-
Al posto di premere il grilletto, però, la colpii al lato del cranio, un colpo così violento che perse subito i sensi. De la Roca sorrise compiaciuto e applaudì -Brava! Sapevo che le donne hanno qualche problema con le pistole, ma mi so accontentare.- Mi tese la mano che io strinsi con un sorriso soddisfatto: ero dentro.
-E ora, festeggiamo!- a questa frase, i due uomini della sicurezza tornarono dentro: uno rabboccò i bicchieri, l’altro portò via di peso la ragazza senza sensi.
-A noi!- dissi felice prima di buttare giù l’intero bicchiere.
Sentii un colpo di pistola venire dal vicolo, poi ritornò anche l’altra guardia.
(segue)
Di fronte a me, un divano su cui sedeva colui che mi aveva dato il benvenuto insieme a due ragazza formose e s-vestite che, a quanto pare, si aspettavano il mio arrivo dato che non batterono ciglio al mio ingresso.
-Buenos dias! Lei deve essere la señorita Escobàr, dico bene?- l’olezzo dell’alcool mi arrivò in faccia come un pugno, nonostante tra di noi ci fosse una distanza di un paio di metri
-Eva Escobàr. Sì, sono io- risposi ferma. Solo quando un uomo si spostò impercettibilmente vicino al fondo della stanza mi resi conto della presenza di un paio di energumeni in giacca e cravatta, dei veri bodyguard alti quasi due metri che mi continuavano a fissare
-Bien! Allora sei te la ragazza di cui mi hanno parlato, quella a cui affidare le mie consegne- riprese de la Roca
Spostai di nuovo lo sguardo sul suo viso: una cicatrice sul collo, quasi fosse stato sgozzato, lo contraddistingueva, rendendolo facilmente riconoscibile dovunque andasse. Doveva essere proprio per particolari come questo che usava basi quali il vecchio appartamento in cui mi trovavo
-Sì, sono proprio io. Allora, vogliamo accordarci?- chiesi in tono brusco. Mi sentivo a disagio lì.
-Calma, calma, señorita! Che fretta ha?- mi disse con un sorriso molto cordiale e molto poco rassicurante, almeno per il mio punto di vista -Perché non si siede e non parliamo un po’?- disse indicandomi il divano a due posti alla mia destra.
Riluttante, ma costretta, mi sedetti sulla parte più distante dall’uomo che continuava a tenersi ben stretto le sue due giovani donne
-Cosa posso offrirle per festeggiare questo nostro incontro?- mi chiese interessato
-Che cosa ha?- chiesi. In effetti, ero piuttosto assetata, forse per via della tensione che provavo
-Oh, non se deve preoccupare di quello. Lei dica, e lo avrà…-. Pronunciò l’ultima parte della frase con un tono piuttosto languido, che mi lasciò decisamente più agitata di prima
-Allora prenderei un bicchiere di rhum- dissi.
A un cenno del boss, uno delle due guardie andò in cucina e tornò poco dopo, reggendo due bicchieri pieni di liquido ambrato. De la Roca li prese e me ne porse uno sorridendo. Una volta che ebbi in mano il mio drink, lo sollevai per brindare, imitata subito dopo dal colombiano
-Allora, a noi!- disse e buttò giù tutto il contenuto in pochi sorsi. Io, più modestamente, mi fermai a metà bicchiere, onde evitare ripercussioni durante quella fase
-Signori, potete lasciarci soli un attimo?- chiese improvvisamente de la Roca rivolgendosi alle due guardie che prontamente ubbidirono
-Naturalmente concorderà con me, señorita Escobàr, che la fiducia, nel nostro campo è essenziale- disse serio, non più cordiale come lo era prima -E concorderà ancora quando dico che le infiltrazioni da parte della polizia sono il pericolo più grande…- Perfetto pensai mi sono già bruciata l’ingresso…
-Ovviamente questo non è il suo caso- continuò facendo un gesto come per accantonare quel pensiero -Ma vorrei che lei mi dimostrasse il suo proverbiale fiuto- Non ho avuto tempo di leggermi il dossier, ma cosa hanno detto a questo tipo di me? pensai, maledicendo il nostro addetto alla creazione di alias
De la Roca prese da sotto il divano un revolver, aprì il tamburo e, tenendo un dito su uno dei sei proiettili, alzò in aria la pistola, facendo cadere a terra gli altri cinque. Richiuse con un rapido movimento del polso il tamburo e mi lanciò l’arma. Io la presi e, come d’abitudine, cercai subito il numero di serie che, come notai sconsolata, era stato rimosso. Quella pistola era irrintracciabile.
Avevo paura a chiedere per cosa mi sarebbe servita.
-Queste due amabili ragazze mi sono state di grande compagnia negli ultimi tempi- disse abbracciando le due squillo che ora sorridevano decisamente di meno -E, quasi per coincidenza, da allora ho avuto parecchi problemi con la polizia… Un caso?- chiese retorico. Ora avevo intuito cosa avrei dovuto fare con quell’arma. E non mi piaceva affatto.
-Io sono convinto- riprese, senza mai mollare la presa dalle due ragazze -Che una di loro due sia una talpa, un’infiltrata. L’unico problema è che non so quale delle due-. Le due ragazza mi guardarono supplicanti: avevano capito la loro sorte.
-Secondo te quale è quella che mi sta facendo perdere milioni di dollari?- chiese serissimo.
Io mi alzai in piedi, con la pistola in mano, e mi avvicinai al divano. Mi misi di fronte al colombiano prima di parlare -Senti, a me nessuno ha mai detto di dover sporcarmi le mani…-
-Oh, di questo non ti devi preoccupare- mi disse -Come avrai già notato, quella pistola è stata cancellata da ogni lista possibile, non ha numero di serie e la sua canna è stata levigata, perciò sarà impossibile risalire q auell’arma-. Questo discorso di invisibilità di un killer mi fece rimanere metaforicamente a bocca aperta non tanto per il contenuto, ma per il tono: rilassato, come se stesse parlando del tempo
-Senti, io…- provai a uscire da quell’intoppo
-Vuoi questo lavoro sì o no?- sbottò improvvisamente
Non sapevo che fare. Non avevo voglia di sparare a una persona a sangue freddo, ma non potevo rinunciare a quell’occasione di entrare nel giro di de la Roca.
Guardai prima una, poi l’altra ragazza. Dagli sguardi che avevano, capii che entrambe erano delle infiltrate che cercavano di salvarsi: se fossero state innocenti nei loro occhi ci sarebbe stata paura allo stato puro, lì c’era solo rassegnazione.
Mi avvicinai alla ragazza alla mia sinistra e le puntai la pistola contro il viso. Tirai indietro il cane mentre lei sospirò, quasi a rassegnarsi. Assunsi un espressione falsamente dispiaciuta, per non far insospettire il boss e le dissi -Scusami, tesoro…-
Al posto di premere il grilletto, però, la colpii al lato del cranio, un colpo così violento che perse subito i sensi. De la Roca sorrise compiaciuto e applaudì -Brava! Sapevo che le donne hanno qualche problema con le pistole, ma mi so accontentare.- Mi tese la mano che io strinsi con un sorriso soddisfatto: ero dentro.
-E ora, festeggiamo!- a questa frase, i due uomini della sicurezza tornarono dentro: uno rabboccò i bicchieri, l’altro portò via di peso la ragazza senza sensi.
-A noi!- dissi felice prima di buttare giù l’intero bicchiere.
Sentii un colpo di pistola venire dal vicolo, poi ritornò anche l’altra guardia.
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