Davanti a me c’era Simone, un uomo qualunque, un uomo più grande di me, sposato, con almeno una figlia e non sapevo come comportarmi.
Io non avevo mai desiderato una storia qualunque. Avevo sempre desiderato il principe... e trovarmi davanti Simone era stato bellissimo, finchè si era trattato di sognare. Avevo davanti il suo volto, mi ero lasciata affascinare e prendere dalla sua bellezza e dalla sua simpatia, mi ero persa nei suoi occhi. Eppure alla fine, all’improvviso, qualcosa stava iniziando a tingere il suo volto di colori scuri.
La nota stonata era diventata un insieme di note che rovinavano il concerto che stavo ascoltando. Non capivo da dove provenisse quella sensazione così strana che mi disturbava ed ero confusa nei miei pensieri, quando Simone all’improvviso mi prese la mano:
- Angelica, sai che sei davvero bella?
Sfilai la mano proprio mentre il proprietario arrivava con il vassoio:
- Un the verde per la signorina ed un caffè per lei, signore.
Che strano, pensai... mi era quasi sembrato che l’uomo avesse calcato in particolare sulle parole “signorina” e “signore”, quasi volesse sottolineare che era qualcosa che non stava bene, quasi un avviso a pensarci bene prima di compiere qualunque azione. Dopo aver appoggiato le nostre ordinazioni sul tavolo, se ne andò a riconquistare la sua posizione sul bancone, ad asciugar bicchieri.
- Che ne pensi di vederci una sera? – insistette Simone
- Ma.. veramente io non so... credo tu sia sposato, no?
- Sì, è un problema?
“Porca miseria!” pensai ed in me quella nota stonata si tramutò in rabbia “Certo che è un problema... io sarò stata anche una stupida fino ad ora, ma non è detto che se una è stata stupida una volta poi lo sia per sempre... Io volevo il principe azzurro e mi sono sbagliata... questo non vuol dire che io non desideri ancora trovarlo...”
Probabilmente la mia rabbia uscì attraverso i miei occhi come fumo, perchè Simone iniziò a scusarsi:
- Dai, cosa hai capito... sai... io intendevo uscire qualche sera con amici, così... io lo faccio spesso... non intendevo...
Non dissi nulla. Scostai la mia tazza di the verde, mi alzai e andai verso la cassa.
Il proprietario si accostò con discrezione e mi lasciò pagare. Ebbi l’impressione che dal bancone avesse assistito a tutta la scena e così piantai i miei occhi nei suoi e gli dissi: - Può chiamarmi un taxi... subito?
L’uomo mi sorrise con comprensione ed approvazione. Simone era fermo al separé a bere il suo caffè. Non si mosse per i cinque minuti che ci vollero per il taxi a raggiungere quel bar.
Uscii dal locale senza voltarmi indietro e quella fu l’ultima volta che vidi Simone.
Dopo quella sera a pensarci bene non ho più visto nemmeno sua figlia.
Non mi feci troppe domande su quello strano giorno, ma quando mi capitò in seguito di tornarci con la mente, la conclusione era sempre che è vero, io quel giorno avevo incontrato un angelo. In realtà era un angelo di quelli che rimangono tranquilli in un angolo, senza sguainare la spada e ti guidano con gli occhi verso la verità, a volte mentre compiono gesti insignificanti.
Talmente insignificanti, come asciugare dei bicchieri dietro un bancone di un bar, un piccolo bar di provincia.
"non mi feci troppe domande"..già forse, a volte, è proprio meglio non chiedersi nulla.
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