Dove eravamo rimasti? Ah, sì. Raffaella Masini ha portato brillantemente a conclusione l'affare di un misterioso mercante d'arte (Nudo foglie verdi e busto), durante il quale ha conosciuto a New York Phil Jackson. Con lui ha passato alcuni momenti potenzialmente speciali, anche se il loro breve rapporto è stato caratterizzato da reciproche posizioni sulla difensiva. Ora lei sta viaggiando in treno verso Venezia, per una breve vacanza. Anche Phil è atterrato a Roma, e con la sua Mercedes coupè nera si sta dirigendo verso la città lagunare...
Parte 1
Sabato pomeriggio, Lei
Il treno aveva sgroppato velocemente lungo la pianura padana, e finalmente stava arrivando a destinazione. Raffaella Masini guardava fuori dal finestrino il panorama che via via era andato modificandosi: ora presentava visibili tracce di boom industriale selvaggio, spesso lasciato senza riguardi al degrado del tempo. Malgrado la tristezza che le appariva fuori dal vetro, Raffaella era lieta. Venezia era vicina, e con la città si avvicinava anche il momento in cui l'avrebbe reincontrato.
Il treno ora singhiozzava, fermandosi di quando in quando a un segnale e ripartendo subito dopo: stavano per raggiungere la stazione di Venezia Santa Maria, e ora - se ci si impegnava - dai finestrini si poteva percepire anche la presenza del mare.
Il pensiero di Raffaella tornò ancora una volta a Phil, l'uomo di New York: ricordava il momento in cui l'aveva conosciuto, imponente nei suoi due metri di mole, e con quel sorriso disarmante in netto contrasto con la figura così austera e dominante. Non era un bell'uomo, secondo i canoni estetici imperanti; però era gentile, attento, galante. Sospettava che fosse anche dolce e paziente, e sperava che magari in lui si celasse una vena di lieve follia, specie in qualche momento.
Aveva proprio voglia di rivederlo: chissà se si sarebbe ricreata quell'atmosfera intrigante di New York, nella quale era stata... felice?
Il treno si accostò pigramente alla stazione, e l'ombra del convoglio schermò i raggi del sole di primavera inoltrata, pennellandosi sugli oggetti e sulle persone che stazionavano sulla pensilina.
Raffaella si alzò, sistemò con la mano le piccole pieghe che avevano preso possesso dei suoi pantaloni scuri, prese il suo trolley e la sua borsa arancione e si avviò verso l'uscita della carrozza.
Il solo pensiero di passare finalmente un week-end in compagnia del suo uomo le scaldava il cuore. Adesso non era come a New York: lei là era da sola, per lavoro: e là tutto era stato molto eccitante, anche se non era 'successo' proprio nulla. Al ricordo un nuovo sorriso le increspò le labbra.
"Ben arrivata a Venezia!" la salutò una capotreno premurosa che la guardava sorridere.
"Grazie." rispose allegra Raffaella "Buon lavoro anche a lei!" e scese dal vagone.
Mentre acquistava il biglietto per il People-Mover, la monorotaia che porta in centro, ripensò a Phil: chissà se anche per lui quei pochi momenti a New York erano stati così intensi e felici? Per un attimo si chiese se fosse stato tutto un abbaglio, se Phil fosse un uomo interessato solo alla conquista, un "ti-predo-e-ti-butto". Ma poi, ripensandoci meglio, concluse che non poteva essere quel genere di amante. No, non Phil...
Giunse così senza accorgersi nella hall dell'albergo.
"Buongiorno, sono Masini." disse all'uomo in reception "Ci deve essere una prenotazione anche a mio nome, una camera doppia."
"Buongiorno, signora. Vediamo subito.. sì, esatto, la suite 3A"
"Le lascio un documento?"
"La ringrazio Signora Masini. E il Signore... non c'è?..."
"Il Signore sta arrivando, sarà qui tra un'oretta."
"Molto bene Signora. La faccio immediatamente accompagnare in camera. Marco!?!"
Un ragazzino allampanato, appena men che imberbe, corse goffo a prendere la chiave e i pochi bagagli, poi precedette silenzioso Raffaella verso l'ascensore.
"Ah, senta.." disse ancora l'uomo della reception "Pensate di cenare da noi stasera?"
"Credo di no, ma vedremo: poi le faremo sapere. Grazie ancora, e a dopo."
"Grazie a lei, Signora, e buon soggiorno."
Il ragazzo le trotterellava davanti, goffo trascinandosi il trolley che, evidentemente dotato di vita propria, andava soprattutto dove pareva a lui; arrivati finalmente davanti a una porta, disse:
“Ecco la sua suite, signora. Sa come usare la chiave elettronica vero?”
Raffaella osservò i due occhi neri che la guardavano sorridenti e speranzosi; poi decise di dare al ragazzo una mancia e – mentre gli porgeva una banconota da cinque – rispose:
“Certo, grazie.” e lo osservò mentre si allontanava con quel suo passo caracollante da adolescente cresciuto troppo da poco.
“Frequento questi alberghi almeno da prima che tu iniziassi l'asilo, carino...” pensò mentre apriva la porta.
La suite era molto ampia, dotata di un piccolo atrio che dava direttamente in una zona giorno, con due poltrone e un divanetto capitonnè, ed illuminata da una portafinestra che lasciava intuire un piccolo terrazzino affacciato sul canale; a destra la zona notte, nella quale si scorgeva dalla porta un grande letto d'altri tempi, sormontato da un ricco baldacchino. I plafoni erano ornati da greche e gessi artistici, e nel salotto l'ovale centrale del soffitto era dipinto con scene mitologiche.
Si spostò in camera, e si appoggiò sedendosi sul bordo del letto. La finestra dava sullo stesso lato di quella del soggiorno, e le ante qui erano pudicamente un po' socchiuse.
Si avvicinò e sbirciò dalla fessura lasciata dalle due ante accostate: fuori il canale scorreva placido, curvando lievemente a sinistra. Raffaella guardò la serie di palazzi affacciati sull'altro lato del canale: come sempre quel panorama riusciva a stregarla. Tutti quei palazzi rosa e gialli, con gli stucchi color crema e le finestre bifore, baciati di sfuggita dal sole, che si specchiano nel canale; le immagini riflesse che vengono distorte dalle pigre scie lasciate dalle poche barche in transito; i leggeri segni di vita che si intravedono dietro le tendine delle finestre chiuse. Dai tetti spuntava, in lontananza, elegante un campanile, e proprio sotto la sua finestra due gondole pigre dondolavano lentamente.
Il cuore le si aprì, e un piccolo moto di commozione le salì in gola: Venezia era sempre stata la sua città preferita: alla città erano legate diverse immagini felici, di lei con i suoi amici.
Mentre si lasciava cullare l'anima dai ricordi, il pensiero volava via veloce e tornava invariabilmente all'uomo di New York, al giorno che si erano conosciuti da Christie's, nello studio di quel tal Moosley qualcosa.
Come erano diversi quei due uomini: il curatore dell'asta l'aveva radiografata immediatamente, da capo a piedi, ed era rimasto con una espressione beota dipinta sul viso; i suoi occhi invece erano rimasti impigliati su quella parte di cosce che non si vedevano, ma si intuivano sotto la sua gonna.
Phil invece... certamente lei non gli era indifferente, ma lui aveva un modo diverso di guardarla, di parlarle, di considerarla. Sembrava che lui, davanti a lei, si ponesse quasi di fronte a un'opera d'arte, e i suoi modi erano così delicati e sicuri come quando sollevava un vaso della dinastia Ming, o esaminava una lamina d'oro precolombiana. Era emozionante, Phil...
Guardò l'orologio, e pensò che da lì a poco il suo uomo sarebbe arrivato: la sua mise era un po' provata dal viaggio in treno, e decise che si sarebbe rinfrescata: aveva intenzione di essere bellissima per lui, ed era ora di prepararsi.
Il treno ora singhiozzava, fermandosi di quando in quando a un segnale e ripartendo subito dopo: stavano per raggiungere la stazione di Venezia Santa Maria, e ora - se ci si impegnava - dai finestrini si poteva percepire anche la presenza del mare.
Il pensiero di Raffaella tornò ancora una volta a Phil, l'uomo di New York: ricordava il momento in cui l'aveva conosciuto, imponente nei suoi due metri di mole, e con quel sorriso disarmante in netto contrasto con la figura così austera e dominante. Non era un bell'uomo, secondo i canoni estetici imperanti; però era gentile, attento, galante. Sospettava che fosse anche dolce e paziente, e sperava che magari in lui si celasse una vena di lieve follia, specie in qualche momento.
Aveva proprio voglia di rivederlo: chissà se si sarebbe ricreata quell'atmosfera intrigante di New York, nella quale era stata... felice?
Il treno si accostò pigramente alla stazione, e l'ombra del convoglio schermò i raggi del sole di primavera inoltrata, pennellandosi sugli oggetti e sulle persone che stazionavano sulla pensilina.
Raffaella si alzò, sistemò con la mano le piccole pieghe che avevano preso possesso dei suoi pantaloni scuri, prese il suo trolley e la sua borsa arancione e si avviò verso l'uscita della carrozza.
Il solo pensiero di passare finalmente un week-end in compagnia del suo uomo le scaldava il cuore. Adesso non era come a New York: lei là era da sola, per lavoro: e là tutto era stato molto eccitante, anche se non era 'successo' proprio nulla. Al ricordo un nuovo sorriso le increspò le labbra.
"Ben arrivata a Venezia!" la salutò una capotreno premurosa che la guardava sorridere.
"Grazie." rispose allegra Raffaella "Buon lavoro anche a lei!" e scese dal vagone.
Mentre acquistava il biglietto per il People-Mover, la monorotaia che porta in centro, ripensò a Phil: chissà se anche per lui quei pochi momenti a New York erano stati così intensi e felici? Per un attimo si chiese se fosse stato tutto un abbaglio, se Phil fosse un uomo interessato solo alla conquista, un "ti-predo-e-ti-butto". Ma poi, ripensandoci meglio, concluse che non poteva essere quel genere di amante. No, non Phil...
Giunse così senza accorgersi nella hall dell'albergo.
"Buongiorno, sono Masini." disse all'uomo in reception "Ci deve essere una prenotazione anche a mio nome, una camera doppia."
"Buongiorno, signora. Vediamo subito.. sì, esatto, la suite 3A"
"Le lascio un documento?"
"La ringrazio Signora Masini. E il Signore... non c'è?..."
"Il Signore sta arrivando, sarà qui tra un'oretta."
"Molto bene Signora. La faccio immediatamente accompagnare in camera. Marco!?!"
Un ragazzino allampanato, appena men che imberbe, corse goffo a prendere la chiave e i pochi bagagli, poi precedette silenzioso Raffaella verso l'ascensore.
"Ah, senta.." disse ancora l'uomo della reception "Pensate di cenare da noi stasera?"
"Credo di no, ma vedremo: poi le faremo sapere. Grazie ancora, e a dopo."
"Grazie a lei, Signora, e buon soggiorno."
Il ragazzo le trotterellava davanti, goffo trascinandosi il trolley che, evidentemente dotato di vita propria, andava soprattutto dove pareva a lui; arrivati finalmente davanti a una porta, disse:
“Ecco la sua suite, signora. Sa come usare la chiave elettronica vero?”
Raffaella osservò i due occhi neri che la guardavano sorridenti e speranzosi; poi decise di dare al ragazzo una mancia e – mentre gli porgeva una banconota da cinque – rispose:
“Certo, grazie.” e lo osservò mentre si allontanava con quel suo passo caracollante da adolescente cresciuto troppo da poco.
“Frequento questi alberghi almeno da prima che tu iniziassi l'asilo, carino...” pensò mentre apriva la porta.
La suite era molto ampia, dotata di un piccolo atrio che dava direttamente in una zona giorno, con due poltrone e un divanetto capitonnè, ed illuminata da una portafinestra che lasciava intuire un piccolo terrazzino affacciato sul canale; a destra la zona notte, nella quale si scorgeva dalla porta un grande letto d'altri tempi, sormontato da un ricco baldacchino. I plafoni erano ornati da greche e gessi artistici, e nel salotto l'ovale centrale del soffitto era dipinto con scene mitologiche.
Si spostò in camera, e si appoggiò sedendosi sul bordo del letto. La finestra dava sullo stesso lato di quella del soggiorno, e le ante qui erano pudicamente un po' socchiuse.
Si avvicinò e sbirciò dalla fessura lasciata dalle due ante accostate: fuori il canale scorreva placido, curvando lievemente a sinistra. Raffaella guardò la serie di palazzi affacciati sull'altro lato del canale: come sempre quel panorama riusciva a stregarla. Tutti quei palazzi rosa e gialli, con gli stucchi color crema e le finestre bifore, baciati di sfuggita dal sole, che si specchiano nel canale; le immagini riflesse che vengono distorte dalle pigre scie lasciate dalle poche barche in transito; i leggeri segni di vita che si intravedono dietro le tendine delle finestre chiuse. Dai tetti spuntava, in lontananza, elegante un campanile, e proprio sotto la sua finestra due gondole pigre dondolavano lentamente.
Il cuore le si aprì, e un piccolo moto di commozione le salì in gola: Venezia era sempre stata la sua città preferita: alla città erano legate diverse immagini felici, di lei con i suoi amici.
Mentre si lasciava cullare l'anima dai ricordi, il pensiero volava via veloce e tornava invariabilmente all'uomo di New York, al giorno che si erano conosciuti da Christie's, nello studio di quel tal Moosley qualcosa.
Come erano diversi quei due uomini: il curatore dell'asta l'aveva radiografata immediatamente, da capo a piedi, ed era rimasto con una espressione beota dipinta sul viso; i suoi occhi invece erano rimasti impigliati su quella parte di cosce che non si vedevano, ma si intuivano sotto la sua gonna.
Phil invece... certamente lei non gli era indifferente, ma lui aveva un modo diverso di guardarla, di parlarle, di considerarla. Sembrava che lui, davanti a lei, si ponesse quasi di fronte a un'opera d'arte, e i suoi modi erano così delicati e sicuri come quando sollevava un vaso della dinastia Ming, o esaminava una lamina d'oro precolombiana. Era emozionante, Phil...
Guardò l'orologio, e pensò che da lì a poco il suo uomo sarebbe arrivato: la sua mise era un po' provata dal viaggio in treno, e decise che si sarebbe rinfrescata: aveva intenzione di essere bellissima per lui, ed era ora di prepararsi.
***
Sabato pomeriggio, Lui
L'auto viaggiava silenziosa sull'autostrada che porta verso il nord Italia. Phil guidava rilassato, appoggiato allo schienale e reggendo il volante del coupé nero solo con la mano sinistra. Mentre i chilometri scorrevano tutti uguali, l'americano rifletteva sugli avvenimenti degli ultimi giorni.
In particolare pensava ancora a quell'incarico strano che aveva ricevuto, e che gli aveva fruttato due milioni di dollari malgrado lui non avesse nemmeno vinto l'asta da Christie's. La cosa, anche se era acqua passata, continuava a generargli domande senza apparente risposta.
Chi l'aveva ingaggiato? E perché?
Però l’avevano pagato.
E quasi senza accorgersene, si trovò a pensare a quella donna italiana conosciuta a New York, a Raffaella. In un primo tempo era stato attratto da lei per la curiosità che quel personaggio generava in lui, per quella donna che era piombata nel suo mondo di esperti tromboni e di bellone clienti, quasi sempre rifatte e per lo più massicciamente ignoranti: Raffaella era diversa, si vedeva che era una donna di caratura superiore, ma era anche uno splendido esemplare dell'altro sesso...
Phil sorrise tra sé: chissà perché non si ricordava che scarpe avesse, ma si ricordava perfettamente il modo in cui il piede le calzava sinuosamente, evidenziando le belle caviglie di lei.
In quel momento squillò il Blackberry.
"Ciao, tesoro! Dove sei?"
"Ciao. Sei già arrivata in albergo? Io sono più o meno… vediamo… a Ravenna!"
"Ancora lì? Sì, certo, io sono già qui, e ti aspetto... Ci metterai molto, amore?"
"No, cara, penso proprio che arriverò da te in meno di un'ora..."
E poi aggiunse, con tono un più basso: "Pensi di riuscire a resistere così tanto?"
"Figurati!" le rispose lei, con voce roca, facendogli un po' il verso "Ti ho aspettato tutto questo tempo, penso di sopravvivere ancora qualche mezzora..."
"E dimmi: come riesci a resistere così tanto senza di me?"
"Come faccio sempre, tesoro!" rispose ridendo la donna "Chiamo la reception e, con una scusa qualunque, ne faccio salire uno! A dopo, Phil, e fai in fretta se non vuoi che ..."
E ancora ridendo, la donna chiuse la comunicazione.
Phil rimase qualche secondo ad assimilare la risposta, prima di decidere che si trattava evidentemente di una battuta scherzosa. In fondo era quella vena un po' esasperante e un po' sfacciata che tanto gli piaceva di lei: il fatto che lei riuscisse a prenderlo in contropiede, a sconcertarlo, e poi a farlo ridere.
Sapeva bene che lei non sarebbe diventata mai la sua compagna per la vita, proprio perché lui non poteva essere per lei il solo uomo per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Ma a lui per ora stava bene così.
Il termometro dell'auto indicava 25° all'esterno della vettura, e la tentazione di abbassare la capottina della mercedes pervase Phil: "Quasi quasi..."
All'arrivo a Venezia, Phil si recò al parcheggio privato convenzionato con Avis, e lì lasciò in deposito la vettura. Scese dall’auto, e si stirò con un movimento lungo e lento, quasi srotolando il suo grande corpo verso l’alto; dopo aver goduto per qualche istante di quella riappropriazione del suo completo spazio esistenziale, si diresse verso un Vaporetto-Taxi.
Mentre usciva dal parcheggio, un grosso suv scuro gli passò proprio davanti, e sul sedile lato guida vide una bella donna con lunghi capelli scuri e grandi occhiali da sole che stava dando indicazioni al conducente sulla strada da percorrere, gesticolando ampiamente nel modo tipico degli italiani.
Nuovamente gli tornò alla mente la Raffaella di New York: anche i suoi capelli erano lunghi e scuri, e la sua gestualità era tipicamente latina. Era stata una cosa davvero intrigante: non era ‘successo’ nulla, come diceva il suo amico Moosley, ma… Aveva proprio voglia di rivederla. C'erano troppe cose lasciate in sospeso tra loro...
Sorrise tra sé: troppe cose non dette, e soprattutto non fatte, già...
Il Taxi lo lasciò proprio davanti all'hotel, e Phil prese la sua valigia ed entrò nella Hall.
"Good Morning. Jackson, please: it could be a reservation for me." disse con aria volutamente distaccata e professionale.
"Mister Jackson, che piacere rivederla!" disse l'uomo in reception, spalancandosi in un ampio sorriso quando ebbe riconosciuto l’abituale cliente "Bentornato! Ha fatto buon viaggio?"
"Sì, tutto bene, caro. E' sempre un piacere tornare qui. Allora, questa 'riservazione': ce l'avete o no?"
"Certamente Mister Jackson. E se non l’avessimo, temo che la Direzione gliela farebbe all’istante! Eccole le chiavi. Ah, la Signora è già arrivata. La devo far accompagnare su?"
"No, grazie, caro. La solita suite, vero? Conosco la strada."
"Certo, la solita. Mi lascia un documento, per favore?"
"Of course!" rispose Phil, porgendogli il passaporto e una banconota da 10 come mancia.
"Oh, grazie Mister, e buona permanenza."
"Speriamo, speriamo..."
Arrivato al piano, aprì la porta, ed entrò: la zona soggiorno era illuminata, mentre l'ampia camera era in lieve penombra, e della donna nessuna traccia. Però si sentiva scorrere l'acqua della doccia, e l'aria era intrisa delle dolci promesse del suo profumo.
Phil sorrise, appoggiò la valigia in un angolo, chiuse la porta e seguì il rumore dell'acqua.
O forse era la scia del profumo di lei? Sembrava lo stesse attirando come il suono del flauto di un abile fachiro.. Mah. Nel dubbio, Phil ebbe una certezza: se lei gli avesse chiesto di fare il suo… serpente, lui non si sarebbe fatto pregare!
E subito dopo aver fatto un simile pensiero, si sentì un cretino...
(segue)
In particolare pensava ancora a quell'incarico strano che aveva ricevuto, e che gli aveva fruttato due milioni di dollari malgrado lui non avesse nemmeno vinto l'asta da Christie's. La cosa, anche se era acqua passata, continuava a generargli domande senza apparente risposta.
Chi l'aveva ingaggiato? E perché?
Però l’avevano pagato.
E quasi senza accorgersene, si trovò a pensare a quella donna italiana conosciuta a New York, a Raffaella. In un primo tempo era stato attratto da lei per la curiosità che quel personaggio generava in lui, per quella donna che era piombata nel suo mondo di esperti tromboni e di bellone clienti, quasi sempre rifatte e per lo più massicciamente ignoranti: Raffaella era diversa, si vedeva che era una donna di caratura superiore, ma era anche uno splendido esemplare dell'altro sesso...
Phil sorrise tra sé: chissà perché non si ricordava che scarpe avesse, ma si ricordava perfettamente il modo in cui il piede le calzava sinuosamente, evidenziando le belle caviglie di lei.
In quel momento squillò il Blackberry.
"Ciao, tesoro! Dove sei?"
"Ciao. Sei già arrivata in albergo? Io sono più o meno… vediamo… a Ravenna!"
"Ancora lì? Sì, certo, io sono già qui, e ti aspetto... Ci metterai molto, amore?"
"No, cara, penso proprio che arriverò da te in meno di un'ora..."
E poi aggiunse, con tono un più basso: "Pensi di riuscire a resistere così tanto?"
"Figurati!" le rispose lei, con voce roca, facendogli un po' il verso "Ti ho aspettato tutto questo tempo, penso di sopravvivere ancora qualche mezzora..."
"E dimmi: come riesci a resistere così tanto senza di me?"
"Come faccio sempre, tesoro!" rispose ridendo la donna "Chiamo la reception e, con una scusa qualunque, ne faccio salire uno! A dopo, Phil, e fai in fretta se non vuoi che ..."
E ancora ridendo, la donna chiuse la comunicazione.
Phil rimase qualche secondo ad assimilare la risposta, prima di decidere che si trattava evidentemente di una battuta scherzosa. In fondo era quella vena un po' esasperante e un po' sfacciata che tanto gli piaceva di lei: il fatto che lei riuscisse a prenderlo in contropiede, a sconcertarlo, e poi a farlo ridere.
Sapeva bene che lei non sarebbe diventata mai la sua compagna per la vita, proprio perché lui non poteva essere per lei il solo uomo per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Ma a lui per ora stava bene così.
Il termometro dell'auto indicava 25° all'esterno della vettura, e la tentazione di abbassare la capottina della mercedes pervase Phil: "Quasi quasi..."
All'arrivo a Venezia, Phil si recò al parcheggio privato convenzionato con Avis, e lì lasciò in deposito la vettura. Scese dall’auto, e si stirò con un movimento lungo e lento, quasi srotolando il suo grande corpo verso l’alto; dopo aver goduto per qualche istante di quella riappropriazione del suo completo spazio esistenziale, si diresse verso un Vaporetto-Taxi.
Mentre usciva dal parcheggio, un grosso suv scuro gli passò proprio davanti, e sul sedile lato guida vide una bella donna con lunghi capelli scuri e grandi occhiali da sole che stava dando indicazioni al conducente sulla strada da percorrere, gesticolando ampiamente nel modo tipico degli italiani.
Nuovamente gli tornò alla mente la Raffaella di New York: anche i suoi capelli erano lunghi e scuri, e la sua gestualità era tipicamente latina. Era stata una cosa davvero intrigante: non era ‘successo’ nulla, come diceva il suo amico Moosley, ma… Aveva proprio voglia di rivederla. C'erano troppe cose lasciate in sospeso tra loro...
Sorrise tra sé: troppe cose non dette, e soprattutto non fatte, già...
Il Taxi lo lasciò proprio davanti all'hotel, e Phil prese la sua valigia ed entrò nella Hall.
"Good Morning. Jackson, please: it could be a reservation for me." disse con aria volutamente distaccata e professionale.
"Mister Jackson, che piacere rivederla!" disse l'uomo in reception, spalancandosi in un ampio sorriso quando ebbe riconosciuto l’abituale cliente "Bentornato! Ha fatto buon viaggio?"
"Sì, tutto bene, caro. E' sempre un piacere tornare qui. Allora, questa 'riservazione': ce l'avete o no?"
"Certamente Mister Jackson. E se non l’avessimo, temo che la Direzione gliela farebbe all’istante! Eccole le chiavi. Ah, la Signora è già arrivata. La devo far accompagnare su?"
"No, grazie, caro. La solita suite, vero? Conosco la strada."
"Certo, la solita. Mi lascia un documento, per favore?"
"Of course!" rispose Phil, porgendogli il passaporto e una banconota da 10 come mancia.
"Oh, grazie Mister, e buona permanenza."
"Speriamo, speriamo..."
Arrivato al piano, aprì la porta, ed entrò: la zona soggiorno era illuminata, mentre l'ampia camera era in lieve penombra, e della donna nessuna traccia. Però si sentiva scorrere l'acqua della doccia, e l'aria era intrisa delle dolci promesse del suo profumo.
Phil sorrise, appoggiò la valigia in un angolo, chiuse la porta e seguì il rumore dell'acqua.
O forse era la scia del profumo di lei? Sembrava lo stesse attirando come il suono del flauto di un abile fachiro.. Mah. Nel dubbio, Phil ebbe una certezza: se lei gli avesse chiesto di fare il suo… serpente, lui non si sarebbe fatto pregare!
E subito dopo aver fatto un simile pensiero, si sentì un cretino...
(segue)
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