Parte 3
Domenica mattina, Lei
Domenica mattina, Lui
Domenica mattina, Lei
Raffaella si svegliò con i raggi del sole domenicale che le riscaldavano le gambe nude. Guardò la sveglia da viaggio sul comodino: le 10 e 25.
Lui non era a letto: probabilmente era in bagno, o nel salottino; forse a leggere…
In quel momento era restia a svegliarsi del tutto: era stata una notte memorabile. I ricordi si srotolavano nella sua mente ancora un po’ annebbiata dal sonno.
Appena rientrati, lui aveva chiuso subito l’uscio, poi l’aveva stretta repentinamente tra le sue braccia e l’aveva baciata avidamente: anche lei aveva desiderato molto quel momento, e si erano concessi vicendevolmente lì, praticamente in piedi, nella sala, amandosi con passione e urgenza, come se i loro corpi non potessero più aspettare oltre. Era stato qualcosa di esplosivo, un incontro molto intenso e carnale, ma con una sua poesia.
Quando erano riusciti a riprendere fiato, si erano trovati entrambi seduti per terra, con le schiene appoggiate al muro. Allora si erano spostati in camera da letto: ricordava ancora le mani curate di lui mentre aprivano la bottiglia di champagne che chissà come era apparsa sul tavolino della camera, e la concentrazione con la quale lui versava il vino per entrambi. Avevano bevuto insieme e si erano amati una seconda volta, questa volta più dolcemente, cercando con calma e pazienza l’uno il completo coinvolgimento del corpo dell’altra, fino a raggiungere l’estasi comune.
Solo allora si erano riposati, coricati fianco a fianco; lei si era addormentata con la testa sul petto di lui, che invece la cingeva in un tenero abbraccio.
Non era riuscita a dormire a lungo: e mentre ascoltava il suo respiro regolare, Raffaella era tornata con la mente a quell’uomo conosciuto a New York: quella sera appena passata era proprio quello che si sarebbe aspettata di vivere con Phil? O forse si immaginava qualcosa di diverso? Mah…
Dopo qualche minuto l’uomo, forse inconsciamente intuendo quei pensieri dubbiosi, si girò nel sonno, scostandosi da lei.
“Meglio non fare confronti” pensò Raffaella, sentendo nel cuore un vago senso di colpa per i pensieri che stava distillando “Non è proprio il caso: New York era New York, ma qui siamo a Venezia..”
E così, quasi senza accorgersene, iniziò con un dito leggero a seguire sulla schiena di lui il contorno delle spalle e dei muscoli dell’avambraccio; l’uomo parve cogliere nel sonno il tocco lieve, e si girò nuovamente, mostrandole il petto nudo. Raffaella allora passò a seguire il contorno dei muscoli pettorali ben delineati, e degli addominali ancora tonici, con dolci tocchi delicati e leggeri.
Fu lì che l’uomo diede chiari segni di risveglio, pressochè nella totalità del corpo: segnali che comportarono ben presto il coinvolgimento di entrambi in un nuovo capitolo nella notte, scritto ancora a due mani partendo da una medesima ispirazione.
Questo fu il più che probabile motivo del vago indolenzimento che la donna provava quella mattina più o meno in tutto il suo corpo: e quando il suo io conscio ebbe finalmente preso coscienza di questa fastidiosa sensazione, decise che si sarebbe volentieri alzata per fare colazione.
“Ma dove diavolo è finito?” si chiese, andando a vedere in salotto.
Non trovandolo, sbirciò sul balconcino, ma nemmeno lì sembrava ci fosse nessuno.
Pensò al bagno: ma anche quello era vuoto.
“Dov’è?” si chiese allarmata.
Controllò nell’esplosione nucleare di indumenti ancora sparsi nel salottino, e vide con disappunto che non c’erano le scarpe ed i calzoni di lui. E nemmeno il cellulare…
“Oddio! Se ne è andato?! Se ne è andato via?!”
Non era possibile.
No, non era da lui.
Immediatamente passò in rassegna tutto quello che aveva fatto e che aveva detto nei momenti che erano stati insieme, pensando in particolare se lei avesse fatto o avesse detto qualcosa che non avrebbe dovuto… Sì, le era parso che in qualche istante lui era lontano con il pensiero, quasi pensasse ad altro, ma…
… ma non era possibile che lui avesse capito.
Che lei preferiva l’uomo conosciuto a New York all’uomo di Venezia.
Aprì meglio le ante della camera, ed in quel momento lo vide: era sul balconcino, in una posizione un po’ nascosta, e stava leggendo una mail dal cellulare, con un’aria cupa.
Raffaella tirò un sospiro di sollievo…
Lui non era a letto: probabilmente era in bagno, o nel salottino; forse a leggere…
In quel momento era restia a svegliarsi del tutto: era stata una notte memorabile. I ricordi si srotolavano nella sua mente ancora un po’ annebbiata dal sonno.
Appena rientrati, lui aveva chiuso subito l’uscio, poi l’aveva stretta repentinamente tra le sue braccia e l’aveva baciata avidamente: anche lei aveva desiderato molto quel momento, e si erano concessi vicendevolmente lì, praticamente in piedi, nella sala, amandosi con passione e urgenza, come se i loro corpi non potessero più aspettare oltre. Era stato qualcosa di esplosivo, un incontro molto intenso e carnale, ma con una sua poesia.
Quando erano riusciti a riprendere fiato, si erano trovati entrambi seduti per terra, con le schiene appoggiate al muro. Allora si erano spostati in camera da letto: ricordava ancora le mani curate di lui mentre aprivano la bottiglia di champagne che chissà come era apparsa sul tavolino della camera, e la concentrazione con la quale lui versava il vino per entrambi. Avevano bevuto insieme e si erano amati una seconda volta, questa volta più dolcemente, cercando con calma e pazienza l’uno il completo coinvolgimento del corpo dell’altra, fino a raggiungere l’estasi comune.
Solo allora si erano riposati, coricati fianco a fianco; lei si era addormentata con la testa sul petto di lui, che invece la cingeva in un tenero abbraccio.
Non era riuscita a dormire a lungo: e mentre ascoltava il suo respiro regolare, Raffaella era tornata con la mente a quell’uomo conosciuto a New York: quella sera appena passata era proprio quello che si sarebbe aspettata di vivere con Phil? O forse si immaginava qualcosa di diverso? Mah…
Dopo qualche minuto l’uomo, forse inconsciamente intuendo quei pensieri dubbiosi, si girò nel sonno, scostandosi da lei.
“Meglio non fare confronti” pensò Raffaella, sentendo nel cuore un vago senso di colpa per i pensieri che stava distillando “Non è proprio il caso: New York era New York, ma qui siamo a Venezia..”
E così, quasi senza accorgersene, iniziò con un dito leggero a seguire sulla schiena di lui il contorno delle spalle e dei muscoli dell’avambraccio; l’uomo parve cogliere nel sonno il tocco lieve, e si girò nuovamente, mostrandole il petto nudo. Raffaella allora passò a seguire il contorno dei muscoli pettorali ben delineati, e degli addominali ancora tonici, con dolci tocchi delicati e leggeri.
Fu lì che l’uomo diede chiari segni di risveglio, pressochè nella totalità del corpo: segnali che comportarono ben presto il coinvolgimento di entrambi in un nuovo capitolo nella notte, scritto ancora a due mani partendo da una medesima ispirazione.
Questo fu il più che probabile motivo del vago indolenzimento che la donna provava quella mattina più o meno in tutto il suo corpo: e quando il suo io conscio ebbe finalmente preso coscienza di questa fastidiosa sensazione, decise che si sarebbe volentieri alzata per fare colazione.
“Ma dove diavolo è finito?” si chiese, andando a vedere in salotto.
Non trovandolo, sbirciò sul balconcino, ma nemmeno lì sembrava ci fosse nessuno.
Pensò al bagno: ma anche quello era vuoto.
“Dov’è?” si chiese allarmata.
Controllò nell’esplosione nucleare di indumenti ancora sparsi nel salottino, e vide con disappunto che non c’erano le scarpe ed i calzoni di lui. E nemmeno il cellulare…
“Oddio! Se ne è andato?! Se ne è andato via?!”
Non era possibile.
No, non era da lui.
Immediatamente passò in rassegna tutto quello che aveva fatto e che aveva detto nei momenti che erano stati insieme, pensando in particolare se lei avesse fatto o avesse detto qualcosa che non avrebbe dovuto… Sì, le era parso che in qualche istante lui era lontano con il pensiero, quasi pensasse ad altro, ma…
… ma non era possibile che lui avesse capito.
Che lei preferiva l’uomo conosciuto a New York all’uomo di Venezia.
Aprì meglio le ante della camera, ed in quel momento lo vide: era sul balconcino, in una posizione un po’ nascosta, e stava leggendo una mail dal cellulare, con un’aria cupa.
Raffaella tirò un sospiro di sollievo…
***
Domenica mattina, Lui
Phil stava leggendo una mail sul suo Blackberry, seduto ad un tavolino rotondo in ferro battuto, dove era stata servita la sua colazione. Il sole ancora tiepido in quella stagione dell’anno rendeva la prima colazione mattutina un rituale molto piacevole, e Phil ne stava godendo appieno le sensazioni che il suo corpo gli restituiva.
Il suo pensiero però era lontano dal testo della mail, che probabilmente era un becero tentativo di phishing; gli occhi erano fermi sul piccolo display dell’apparecchio, ma i suoi pensieri galoppavano bradi lungo praterie assolate distanti migliaia di miglia da quel tavolino affacciato su di una canale della laguna veneziana.
Pensava ancora una volta a Raffaella, a quella sera di qualche mese prima a New York, a come quella donna si era idealizzata nella sua testa, al punto di averne fatto un’icona assoluta, un pensiero troppo ricorrente da sembrare quasi fisso. Come può un uomo restare così stregato da un serata? E inconsciamente lui aveva programmato il suo week-end in Italia, a Venezia, nella speranza di reincontrare quella donna, di rivivere quei momenti magici, e magari di navigare in emozioni ancor più profonde.
Con un leggero senso di colpa pensò alla sera precedente, a questa donna di Venezia che aveva lasciato ancora addormentata nel letto. Come sentiva diverse le due donne tra loro. Quest’ultima era di certo bellissima, intrigante, sensuale - “E che notte agitata!” mormorò tra sé con un sorriso – ma quell’altra ideale di New York…
Ad un tratto, mentre era immerso in questi pensieri, ebbe un sobbalzo.
Lei era arrivata silenziosa alle sue spalle, e lui non l’aveva sentita arrivare: le sue mani, delicate e sensuali, gli si erano posate sulle spalle, ed un brivido caldo gli aveva elettrificato la schiena.
“Ciao” mugulò con voce imbronciata la donna, mentre continuava ad applicare ampie carezze lente e circolari sulle spalle massicce dell’americano “Mi sono svegliata tutta sola… “
“Ero qui, amore.” sorrise Phil.
“Ho visto. Ma.. mi sono dovuta alzare per trovarti…”
Phil appoggiò la sua nuca al ventre della donna; poi alzò gli occhi verso di lei e disse:
“Vuoi fare colazione anche te, cara?”
“C’è caffè nero?”
“Sì, penso di sì..”
La donna si staccò dalle sue spalle, e si sedette proprio di fronte a Phil: i lunghi capelli le ricadevano sulle spalle, e addosso aveva un kimono di seta.
Phil le sorrise, e pigramente fece scorrere il suo sguardo dal viso della donna verso il basso: i suoi occhi pennellavano lentamente il corpo di lei, soffermandosi prima sull’incrocio dei due lembi del kimono all’altezza del seno, poi sulle piccole pieghe create dal nastro che le cingeva la vita, poi lungo le gambe levigate, giù giù fino ai piedi.
“Il caffè è ancora caldo, tesoro. Peccato…”
Phil non l’ascoltava: aveva appena notato che la donna, anche se si era appena alzata dal letto, aveva indossato quei fantastici sandaletti della sera prima; il dettaglio aveva un che di sensuale e la scoperta aveva scosso l’uomo dal suo torpore mattutino.
“Perché dici ‘peccato’, amore?” le domandò, mentre gli occhi continuavano a godersi le gambe della donna.
“… perché così avrei avuto una scusa per chiamare un cameriere!” rispose sorridendo maliziosa la donna “D’altronde tu stamattina sembri molto più interessato al tuo cellulare che non a me…” aggiunse con un finto piagnucolio.
Phil impiegò qualche secondo, ma poi colse l’allusione, posò il Blackberry sul tavolo e si alzò in piedi.
“Amore, non credi che qui fuori incominci a fare un po’ troppo caldo? Perché non rientriamo in camera…”
“Phil caro, davvero hai caldo?”
Lui le porse la mano, e lei finì il suo caffè, poi vi si appoggiò e si alzò in piedi.
“Sì, cara: decisamente molto caldo. Entriamo…” E dolcemente la tirò verso di sé, all’interno della suite.
“Che intenzioni avresti, uomo?” le disse lei guardandolo negli occhi mentre inavvertitamente si appoggiava con il seno al suo torace.
Lui allora sciolse il nodo del kimono, e mentre la seta scorreva lungo i fianchi della donna scoprendo totalmente il suo corpo, Phil rispose: “Pessime!”
La donna, vestita ormai dei soli tacchi lunghi e snelli, si appoggiò completamente con il suo corpo a quello dell’uomo e ne percepì l’intenso desiderio: allora buttò platealmente gli occhi al cielo, e sorridendo rispose: “Ah, meno male!”
(segue)Il suo pensiero però era lontano dal testo della mail, che probabilmente era un becero tentativo di phishing; gli occhi erano fermi sul piccolo display dell’apparecchio, ma i suoi pensieri galoppavano bradi lungo praterie assolate distanti migliaia di miglia da quel tavolino affacciato su di una canale della laguna veneziana.
Pensava ancora una volta a Raffaella, a quella sera di qualche mese prima a New York, a come quella donna si era idealizzata nella sua testa, al punto di averne fatto un’icona assoluta, un pensiero troppo ricorrente da sembrare quasi fisso. Come può un uomo restare così stregato da un serata? E inconsciamente lui aveva programmato il suo week-end in Italia, a Venezia, nella speranza di reincontrare quella donna, di rivivere quei momenti magici, e magari di navigare in emozioni ancor più profonde.
Con un leggero senso di colpa pensò alla sera precedente, a questa donna di Venezia che aveva lasciato ancora addormentata nel letto. Come sentiva diverse le due donne tra loro. Quest’ultima era di certo bellissima, intrigante, sensuale - “E che notte agitata!” mormorò tra sé con un sorriso – ma quell’altra ideale di New York…
Ad un tratto, mentre era immerso in questi pensieri, ebbe un sobbalzo.
Lei era arrivata silenziosa alle sue spalle, e lui non l’aveva sentita arrivare: le sue mani, delicate e sensuali, gli si erano posate sulle spalle, ed un brivido caldo gli aveva elettrificato la schiena.
“Ciao” mugulò con voce imbronciata la donna, mentre continuava ad applicare ampie carezze lente e circolari sulle spalle massicce dell’americano “Mi sono svegliata tutta sola… “
“Ero qui, amore.” sorrise Phil.
“Ho visto. Ma.. mi sono dovuta alzare per trovarti…”
Phil appoggiò la sua nuca al ventre della donna; poi alzò gli occhi verso di lei e disse:
“Vuoi fare colazione anche te, cara?”
“C’è caffè nero?”
“Sì, penso di sì..”
La donna si staccò dalle sue spalle, e si sedette proprio di fronte a Phil: i lunghi capelli le ricadevano sulle spalle, e addosso aveva un kimono di seta.
Phil le sorrise, e pigramente fece scorrere il suo sguardo dal viso della donna verso il basso: i suoi occhi pennellavano lentamente il corpo di lei, soffermandosi prima sull’incrocio dei due lembi del kimono all’altezza del seno, poi sulle piccole pieghe create dal nastro che le cingeva la vita, poi lungo le gambe levigate, giù giù fino ai piedi.
“Il caffè è ancora caldo, tesoro. Peccato…”
Phil non l’ascoltava: aveva appena notato che la donna, anche se si era appena alzata dal letto, aveva indossato quei fantastici sandaletti della sera prima; il dettaglio aveva un che di sensuale e la scoperta aveva scosso l’uomo dal suo torpore mattutino.
“Perché dici ‘peccato’, amore?” le domandò, mentre gli occhi continuavano a godersi le gambe della donna.
“… perché così avrei avuto una scusa per chiamare un cameriere!” rispose sorridendo maliziosa la donna “D’altronde tu stamattina sembri molto più interessato al tuo cellulare che non a me…” aggiunse con un finto piagnucolio.
Phil impiegò qualche secondo, ma poi colse l’allusione, posò il Blackberry sul tavolo e si alzò in piedi.
“Amore, non credi che qui fuori incominci a fare un po’ troppo caldo? Perché non rientriamo in camera…”
“Phil caro, davvero hai caldo?”
Lui le porse la mano, e lei finì il suo caffè, poi vi si appoggiò e si alzò in piedi.
“Sì, cara: decisamente molto caldo. Entriamo…” E dolcemente la tirò verso di sé, all’interno della suite.
“Che intenzioni avresti, uomo?” le disse lei guardandolo negli occhi mentre inavvertitamente si appoggiava con il seno al suo torace.
Lui allora sciolse il nodo del kimono, e mentre la seta scorreva lungo i fianchi della donna scoprendo totalmente il suo corpo, Phil rispose: “Pessime!”
La donna, vestita ormai dei soli tacchi lunghi e snelli, si appoggiò completamente con il suo corpo a quello dell’uomo e ne percepì l’intenso desiderio: allora buttò platealmente gli occhi al cielo, e sorridendo rispose: “Ah, meno male!”
questo, almeno per il momento, mi sembra più soft rispetto a "nudo foglie verdi ..."....che ti sia fatto trascinare da tutta questa passione?
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