Ho girato l’angolo e tu eri lì, dove non ti aspettavo. Elegante, in un completo grigio scuro, la cravatta annodata stretta nonostante il caldo torrido, mi hai chiesto se potevo aiutarti a cercare una persona a Milano. “Questo da dove arriva?” ho pensato guardandoti con un po’ di stupore. Nonostante la tua eleganza ed il tuo savoir faire ero incredula di fronte a tanta ingenuità. Non eri certo un ragazzino che poteva illudersi di trovare facilmente qualcuno in una grande città, in emulazione dell’ultimo film americano dove lui e lei si incontrano per caso in mezzo a milioni di persone e si chiedono “anche tu qui?”. Quarant’anni li hai tutti, un po’ di neve tra i capelli, l’eleganza ed il portamento di chi è cresciuto in un ambiente “protetto” e non ha dovuto poi sgomitare troppo per arrivare a costruirsi la propria vita.
Eppure eri davanti a me, con una mano tremante che mi offriva un lacero foglio di carta, tirato fuori dal tuo portafoglio nuovo di zecca e pieno di soldi. E su quel foglio c’erano stampate undici stupide lettere ed un accento. Avevi un nome ed un cognome e cercavi una donna. Sembrava disperatamente.
Eppure eri davanti a me, con una mano tremante che mi offriva un lacero foglio di carta, tirato fuori dal tuo portafoglio nuovo di zecca e pieno di soldi. E su quel foglio c’erano stampate undici stupide lettere ed un accento. Avevi un nome ed un cognome e cercavi una donna. Sembrava disperatamente.
Non riuscivo a crederci. Solo un pazzo poteva fare quello che tu stavi facendo. Eppure tu lo stavi facendo con una tale delicatezza e cortesia che sarebbe stato impossibile dirti di no. Così seguii il tuo invito a leggere lungo i caratteri scuri d’inchiostro e sillabai quel nome lettera per lettera:
A N N O ' P I T I O U M
- Ann O’Pitioum... no, mi spiace, non la conosco. Non saprei come aiutarla...
- La prego – mi supplicasti – devo trovare questa donna. Assolutamente.
- Guardi, davvero non saprei da dove cominciare...
- Sono disposto a ricompensarla, se mi aiuta. Non sono di Milano e non conosco nulla di questa città.
- Senta davvero... non mi interessano i suoi soldi. Io devo tornare a casa...
- Beh, potrei venire con lei...
- Cosa? – la mia bocca sputò quella parola senza volerlo in un modo quasi offensivo che lo fece indietreggiare, ma davvero la mente stentava a credere a tanta ingenuità – Mi scusi, ma davvero non credo sia opportuno...
- La prego. Solo per dare un’occhiata a Internet – disse, mentre una lacrima gli scendeva sulla guancia e lì il mio cuore non poté fare a meno di fermarsi per un attimo.
- Eh va bene. Venga, ho parcheggiato il mio motorino dietro l’angolo. Però nel giro di un paio d’ore se ne va per la sua strada, va bene?
- Grazie...
Girai l’angolo e presi i due caschi, uno per me ed uno per lui. Montai sulla moto, gli feci cenno di salire dietro e rimasi lì a guardarlo mentre con il casco in testa rimaneva fermo sul marciapiede. Non capivo perchè rimanesse imbambolato senza muoversi e sinceramente quell’atteggiamento un po’ strano iniziava un po’ a stufarmi.
- Senta, o sale su o le lascio l’indirizzo e mi raggiunge a piedi...
- Posso guidare io?
- Lei? E va bene... – sospirai spingendomi verso il sedile posteriore e sbuffando un po’ per fargli capire che tutto sommato forse stava esagerando.
- Si tenga e mi dica dove devo andare!
- Non vorrà mica superare i limiti di velocità? Abito in città!
- Tranquilla, dove vado?
- Diritto ed al secondo semaforo giri a destra...
E’ strano come a volte certe sensazioni ti scoppino all’improvviso e inizino ad occupare tutto il tuo spazio vitale. Te ne rendi conto troppo tardi, quando oramai hai i piedi nell’acqua e vedi il fiume intorno che è straripato e ti chiedi come fai ad andare via.
Fu così, nello stesso istante in cui lui mi prese una mano per volta mentre guidava e me la adagiava sul suo petto, mentre dal casco giungevano le parole “Si tenga”, che intuii che c’era qualcosa di diverso ora tra me e lui, qualcosa che non poteva essere ancora definito, ma che io, forse solo io, riuscivo a percepire. Sentivo il mio cuore sul suo cuore, battito dopo battito e la cosa che più mi stupiva era che non me ne sentivo infastidita, ma ne traevo piacere. Non mi ponevo ancora la domanda se mi era lecito provare quello che stavo provando, perchè era troppo bello il perdersi in quella sensazione di pancia che qualcosa stesse per succedere. Ero attanagliata dentro da una morsa inspiegabile, ma non me ne importava nulla. Succedesse quello che doveva succedere: per una volta nella vita non volevo pianificare nulla.
(continua)
Il giardino delle farfalle, Dot Hutchinson
-
“… *la gente era partita per le guerre, / affidando ai miti occhi delle
stelle, a notte, / dalle alte torri azzurre, la custodia / di quei fiori*”
EDGAR...
1 settimana fa
et voilà, splendido come sempre...
RispondiElimina