Quinto Risveglio
Ora sei seduto affianco a me e piangi. Io non posso muovere nemmeno un filo dei miei capelli per farti sentire che ci sono. Non ho mezzi per comunicare con te. Attraverso quella piccola apertura degli occhi che forse neanche vedi, io vedo te, ti vedo fisicamente vicino, ma di fatto siamo distanti un universo intero.
Sembra tu non riesca a fermarti. La tua testa deve essere appoggiata sul mio corpo più in basso, ma non so dove perchè non lo sento più. Mi sembra di vederti mentre mi accarezzi il viso, sento una specie di solletico mentre lo fai ma null’altro. Cerco, mi sforzo di spalancare le mie palpebre per farti vedere che ci sono, ma davvero non ci riesco, non so dove recuperare le mie forze, visto che il pensiero non basta più.
Poi ti alzi e te ne vai. Capisco quanto debba essere frustrante per te starmi accanto e non poter fare nulla per me. E’ frustrante almeno quanto lo è per me navigare in questo cervello senza poter reagire come un tempo, sorridendo per la felicità e piangendo per il dolore. Quando non hai un corpo non sai nemmeno come mostrare quello che provi dentro il tuo corpo. Non hai le lacrime, non hai un grido di paura o di dolore, non hai carezze. Nessuno mi ha insegnato come fare a spingere oltre le mie palpebre il mio essere, a parlare senza la bocca e a carezzarti senza le mani. Chi mi ha condannato a questo, scientemente mi ha privato di tutto ciò che un umano può comprendere.
Ecco sei tornato. Alterno momenti di veglia a brevi o lunghi momenti di assenza e non so se sei andato ad asciugarti le lacrime e soffiare il naso o se è passato un anno da allora. Sarebbe bello poter distinguere i tuoi vestiti, la loro forma e colore o i tuoi capelli, la loro lunghezza e brillantezza e da lì poter tornare ad incatenarmi al tempo, al vostro tempo.
Non sei solo. C’è qualcuno affianco a te. E’ tuo padre, mio marito. Anche di lui riesco ad immaginare solo il volto, dietro l’immagine sbiadita che i miei occhi rimandano al cervello. La ricompongo con i ricordi che ho, tutti i ricordi, quelli belli che gli hanno illuminato il viso e quelli brutti che glielo hanno solcato con una ruga. Quanto dolore che sto portando nelle vostre vite, ma vorrei almeno dirvi che non c’entro, che io sto soffrendo quanto voi...
Sussurrate tra di voi e non capisco cosa dite. Parlate più forte perchè possa almeno sentirvi, vi prego... Sembra quasi mi abbiate sentito, perchè vi avvicinate e con voi si avvicina un’altra persona. No, non credo di conoscerla, ma è vestita di bianco e se non è un angelo, allora sarà un medico. A volte sono la stessa cosa, a volte no. Sento poche parole confuse perchè nonostante tutto il suono è restato ovattato come la vista è annebbiata.
“Non si riprenderà”, questo l’ho sentito.. no, guardate che vi sbagliate, io ci sono, dietro questi occhi chiusi, dietro questo respiratore, dietro questo viso che guardate e che vi fa piangere. IO SONO QUA, MI SENTITE?
(continua)
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
3 mesi fa
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