Preludio
Era il primo dell’anno. Stephen si era alzato presto quella mattina. Non ricordava più molto della notte precedente, forse aveva bevuto più di quello che di solito si concedeva. Aveva trascorso la notte precedente da solo, ma non aveva brindato a mezzanotte. Lo aveva fatto con calma, dopo che i fuochi d’artificio avevano cessato di illuminare il cielo. Lui si era seduto in poltrona ed aveva guardato perplesso quell’andirivieni di gente e di bambini per strada. Non si sentiva coinvolto, ma gli sarebbe piaciuto stappare una bottiglia sul 3...2...1... come in tutte le famiglie normali. Ma lui non era una persona normale.
Appena alzato si fece il caffè e lo bevve bollente. La vista del panettone e dei dolci che la sera prima avevano invaso la tavola lo stuccava e così se ne uscì per andare a vestirsi in bagno. Prese dalla camera da letto la camicia, la cravatta, i pantaloni, l’intimo e le calze e si rinchiuse dentro. Si buttò sotto la doccia e si asciugò velocemente. Poi si fece la barba, si spruzzò della colonia, si guardò allo specchio e si scoprì molto più vecchio del giorno prima. Così doveva essere: conosceva bene il suo destino.
Aprì la porta di casa piano e la richiuse lentamente. Arrivò in strada e vide l’orrore più disumano che avrebbe potuto immaginare. La strada era deserta. Il parcheggio dove di solito si faceva fatica a lasciare l’auto anche a Ferragosto era quasi vuoto. Tre macchine lo occupavano in un angolo lontano dai palazzi, ma gli sorse il dubbio che stessero lì da anni, tanto erano ammaccate.
Il paesaggio era simile a quello di una bomba appena esplosa, di una guerra appena trascorsa. Riusciva ad immaginarla anche se non aveva mai vissuto lui una guerra. Eppure l’asfalto era pieno di crepe, bianco dal ghiaccio intenso. E tutto in giro c’era odore di bruciato, odore di fuochi d’artificio e bombe esplose per festeggiare l’anno nuovo.
Cosa ci sarà da festeggiare... chi lo sa. Un nuovo anno.. e il vecchio? Nessuno pensa al vecchio? Si fa presto a mettere nel dimenticatoio le cose belle che ha portato... la gente tende a ricordare solo i dolori ed i rimpianti del proprio passato...
Stephen girò l’angolo di casa e se lo trovò di fronte. Non se lo aspettava. Non avrebbe dovuto incontrarlo. Con tutti i posti del mondo dove avrebbe potuto essere in quell’istante, lui era lì.
- Cosa ci fai qui... – gli chiese il bambino.
- Herb ti prego... solo qualche giorno ancora, non sono pronto...
- Non importa che tu sia pronto oppure no, Stephen. Devi andartene. Dovevi partire stanotte... non le sai le regole?
- Sei ancora un bambino tu... lascia che ti guidi... io conosco bene questa missione...
- Vattene via, non ti vuole più nessuno qui... – prese il cellulare, compose un numero e appena il suo interlocutore rispose, Herbert sussurrò qualcosa che a Stephen non piacque.
Stephen non ci vide più. Raccolse un bastone da terra e colpì Herbert dritto sulla testa. Il bambino lo guardò con occhi cattivi e poi si lasciò andare al suolo, inerme, con il sangue che gli colava dalla testa a fiotti.
Stephen si guardò intorno. Non c’era nessuno. In fondo adesso non c’era più nessun motivo per andarsene. Poteva restare...
Raccolse il corpo esanime e lo gettò in un cassonetto. Poi si ripulì al meglio e continuò lungo la sua strada. Vedeva la chiesetta di lontano. Qualche persona stava entrando. Doveva affrettarsi: erano quasi le otto e la Messa del Primo dell’Anno stava iniziando.
Intermezzo
Loredana si svegliò. Era il cinque gennaio e una sensazione davvero strana le prendeva la pancia. Era il quinto giorno che si svegliava con la stessa identica sensazione: di aver già vissuto quel giorno, non ricordava bene quando. E non si trattava della sensazione di un attimo, quella che ti prende e se ne va via subito, lasciandoti intorno la percezione di aver già vissuto, di sapere già cosa sta per succedere o di aver già sognato quel preciso istante.
Era un continuum di queste sensazioni. Alzarsi, andare a lavorare e tornare a casa la sera era più che la solita abitudine e poi c’era stato quell’incontro, che ricordava bene essere avvenuto proprio la sera prima di un anno fa. Riviverlo l’aveva sconvolta. Poteva giurarci che era sempre lui, il suo ragazzo dagli occhi di ghiaccio e le labbra rosse tumide, il ragazzo con il sorriso più bello che avesse mai visto. Non poteva essere stato un caso: lo stesso posto, lo stesso giorno, la stessa ora, gli stessi amici. Non poteva essere un appuntamento.
Era stata la coincidenza più bella della sua vita. Purtroppo era certa che non l’avrebbe ritrovato più, perchè la sensazione di essere sullo stesso cammino dell’anno precedente era più che forte. Un giorno può essere uguale ad un altro. Ma più d’uno è una magia che non può accadere nel mondo reale.
Epilogo
Era il sei gennaio. Stephen si svegliò. Era contento. Era contento di perseguire il suo diabolico disegno. Sapeva cosa avrebbe fatto quel giorno e quello dopo ancora. Sapeva come avrebbe condotto la sua vita lungo quel filare di giorni ininterrotti.
Per la prima volta conosceva il suo destino e sapeva che a quel punto nessuno poteva più fermarlo. Nessuno avrebbe osato, perchè Herbert non c’era più e lui aveva preso il suo posto ed ora doveva andare fino in fondo.
Si lavò e si vestì. Uscì di casa e ripercorse lo stesso tratto che aveva percorso cinque giorni prima. Non era più lo stesso uomo. Cinque giorni prima lui era un uomo finito, a pezzi. Ora sapeva di avere ancora un anno davanti. Forse se n’erano accorti che lui stava barando, ma cosa avrebbero potuto fare? Ucciderlo sarebbe stato un errore, lui lo sapeva e fiero di tale convinzione camminava tra le strade deserte, un po’ meno forse del primo giorno dell’anno.
Il paesaggio intorno a lui non era cambiato di molto rispetto a qualche giorno fa. Stesso freddo, stesso ghiaccio che imbianca le strade. Stessa desolazione. Solo le bombe erano state ripulite. Svoltò l’angolo e quello che vide lo sorprese. Non poteva essere vero...
- Ten, quale piacere! – gli disse l’uomo anziano, chiuso nel suo elegante paletot nero.
- Monsieur Beautemps, quale onore... non mi aspettavo di imbattermi sul suo cammino oggi...
- Doveva aspettarselo, Ten, non crede?
- E’ per la triste sorte di Herbert, Monsieur? Mi spiace, ma farò il mio dovere fino in fondo signore, ne può stare certo... alla fine è stata solo fortuna se non ero ancora andato via....
- E’ questo che lei forse non ha capito... non si può....
- Come non si può....
- Mr Ten, lei capisce bene che non si può fare rivivere al mondo l’anno 2010. Questo è un nuovo anno e deve essere diverso... Già la gente ha cominciato a lamentarsi di troppe sensazioni di déjà-vu. Dobbiamo correre ai ripari prima che la sensazione diventi una certezza e la gente pensi alla magia nera...
- Ma saprò dosare novità e passato, Monsieur. Sono adulto oramai... sarà una combinazione spettacolare. La gente ricorderà l’anno 2011 come un anno eccezionale, mi creda. Herbert Eleven non avrebbe saputo fare di meglio, le posso assicurare.
- Mi spiace, Ten. Ho qui un gemello di Eleven. Prenderà lui il suo posto...
- La prego Monsieur Beautemps, la prego. Mi lasci provare...
- Non c’è posto per il passato Ten. Devi lasciare che il futuro diventi presente e fargli largo. La gente non ama tornare indietro, perchè indietro torna sempre al dolore ed al rimpianto. La gioia e la speranza sono per il futuro. Da te non potranno mai averle, sarebbe un anno buio. Fatti da parte...
- No Signore. Sono sicuro che c’è chi mi potrà apprezzare...
- Non ne sono così certo. Chi ti potrebbe apprezzare? Forse chi ha perso qualcuno? Oh, non credo... quale follia dovresti inventarti per giustificare che i morti tornano a vivere? Lascia stare... vieni via con me.. rassegnati, il passato non torna.
Appena dette queste parole, Monsieur Beautemps sfiorò il cappello di Stephen e lui scomparve, dentro l’incanto di una bacchetta magica. Al suo posto avanzò un bambinetto in fasce con un bellissimo sorriso sulle labbra. Monsieur Beautemps gli diede una mano e lui prese coraggio. Fece qualche passo, si voltò indietro per un sorriso a Monsieur Beautemps e poi corse via.
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